La sezione Archeologica Romana, il territorio sulmonese e i luoghi di culto
Nella sezione romana, al primo piano del Museo, sono esposti materiali riferibili alla città e all’ager sulmonensis: dal III secolo avanti Cristo le testimonianze archeologiche giungono all’alto Medioevo.
Anche in queste sale i reperti scelti e presentati trovano spazio e senso in uno svolgimento sia cronologico, dall’età ellenistica al Medioevo, che topografico, riferito all’antico territorio di pertinenza sulmonese, presentato secondo ampi riferimenti tematici; infatti, in continuità con il tema della viabilità presente nella sezione italica, esemplificato dal rilievo della Transumanza, una riproduzione del quinto segmento della Tabula Peutingeriana, uno stradario di età romana copiato in età medievale, illustra la complessità della struttura viaria durante l’impero romano nell’Italia centrale: sulla stessa strada con andamento nord-sud, quasi parallela all’Appennino, sono segnate di seguito Corfinium, Sulmo, Iovis Larene, Aufidena.
I temi espositivi successivi sono scanditi da citazioni ovidiane dipinte come antiche scritte parietali: l’ambito relativo al territorio è introdotto dal “Terra ferax Cereris multoque feracior uvis”, ovvero “Terra fertile di grano e ancor più di uve”, mentre per la sezione dedicata ai santuari la commistione di natura e sacralità dei luoghi di culto è evocata dal “Credibile est illi numen inesse loco” ovvero “E’ credibile che lì fosse insita una divinità”.
Per i materiali provenienti dalle necropoli viene proposta una libera interpretazione della tristissima noctis imago ovvero “tristissima parvenza della notte”, in verità riferito all’ultima notte romana del poeta, e infine per le vetrine dedicate all’ambito urbano il “Sulmonis aquosi moenia quae campi iugera pauca tenent” ovvero “Le mura di Sulmona ricca d’acque, che cingono pochi iugeri di terra” allude all’identità della piccola città murata.
Nel primo ambito i reperti provenienti dal territorio che fu del municipium sulmonese definiscono soprattutto le attività agricole e commerciali, testimoniate sia dai bolli rodii, impressi sulle anse delle anfore contenenti il vino provenienti da Rodi e dalla Grecia, che dal rilievo Dragonetti, con un dromedario che trasporta anfore nel deserto, ritratto sulla fila dei togati con una donna, membri di una stessa famiglia originaria dell’area sulmonese. Questa gens italica ebbe fortuna con i commerci marittimi ed un suo esponente, Marco Attio Peticio Marso, regalò con la decima dei suoi guadagni una straordinaria statuetta in bronzo raffigurante Ercole in riposo, replica di opera lisippea. La statuetta fu rinvenuta durante gli scavi del santuario di Ercole Curino, il primo dei santuari presentati nel Museo.
Infatti, il contesto dei luoghi di culto è introdotto da alcuni corredi della necropoli di Fonte d’Amore, individuata alle falde del Monte Morrone e riferita ad un villaggio che doveva estendersi lungo il pendio sottostante il santuario di Ercole Curino. Altri reperti sono pertinenti ad una “bottega” posta lungo il sentiero di ascesa al luogo di culto. Di questo importante monumento terrazzato è allestita nel Museo la riproduzione in scala 1:1 del tempietto posto sul terrazzo superiore, con il mosaico pavimentale e la decorazione pittorica parietale, qui rivista e riproposta nella sua originaria partitura.
L’altro santuario peligno di cui si espongono molti notevolissimi reperti è quello di Ocriticum, i cui resti sono stati indagati con scavi archeologici nel territorio di Cansano, che nell’antichità era ager sulmonensis. Posto alle falde del centro fortificato di Colle Mitra, era raggiungibile dalla importante arteria stradale nota come Via Nova riportata sulla Tabula Peutingeriana che cita questo sito come Iovis Larene.
Il toponimo di Ocriticum è desunto da una iscrizione funeraria con la dedica dei cultores Jovis Ocriticani, attestando il culto di Giove in questo comprensorio, che alle indagini archeologiche ha rivelato resti di un grande santuario, di abitazioni, necropoli e edifici produttivi frequentati dal IV secolo avanti Cristo fino al VI secolo. I reperti esposti provengono soprattutto dai depositi votivi dei templi dedicati a Ercole e a Cerere.